Il sindacalista
Carlo De Berardinis nacque all’alba
(03:00) del 29 novembre del
1924
in una delle tante masserie di proprietà delle famiglie
Mazzarosa-Devincenzi (i Mazzarosa erano
di Lucca e i Devincenzi di Notaresco), in località Cologna Paese. Il papà era
Giovanni e la madre
Grazia Di Bonaventura, ed erano alla
dipendenze proprio dei Mazzarosa-Devincenzi. Era il quartogenito di 7 figli,
gli altri erano:
Arturo (poi perito
in servizio con i Bersaglieri a Udine),
Carlo
(morì appena nato),
Aldo,
Arduino,
Vincenzo,
Clementina
(morta giovanissima) e di nuovo
Clementina.
Il suo nome era stato volutamente imposto dalla madre per ricordare il suo
primo marito morto in Trentino Alto Adige (Caoria di Canal San Bovo) nella
grande guerra del 1915/18. Pochi mesi dopo la sua nascita, il nonno
Gaetano e sua moglie
Annunziata Di Giangiacomo (di Varano di
Teramo), decisero di investire i loro risparmi a Giulianova acquistando dei
terreni con annesso casolare della famiglia di
Costanzo Trifoni e di sua moglie
Silvia Ricci, alla modica cifra di circa 80.000 lire per 10° ettari
di terreni in contrada Capocelletti di Colleranesco. Solo nel 1936, la sua
famiglia, si trasferì definitivamente a Giulianova. Intanto a Cologna Spiaggia
frequentò le scuole dell’obbligo per poi passare, una volta giunto a
Colleranesco, al Regio Istituto “Raffaello Pagliaccetti” di Giulianova Alta
(oggi Scuola Elementare De Amicis).
Il padre Giovanni, che in passato aveva avuto dei timidi contatti con i
socialisti di quel tempo, con l’avvento del Fascismo per quieto vivere si
adeguò al sistema. Non per il figlio Carlo, che mal volentieri era costretto a
frequentare le famose adunate del sabato Fascista (il percorso era
dall’antistadio di Via Migliori, passando per Piazza della Libertà, Corso
Garibaldi, Via Acquaviva, Via del Popolo e poi di nuovo al Campo della Fiera).
In un freddo pomeriggio, dopo il rituale discorso del Federale locale, lui si
rifiutò di aderire alla MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), il
Federale andò su tutte le furie accusandolo di essere un sovversivo, un
traditore della patria e un cospiratore, facendo volare anche dei ceffoni.
Questo sarà per lui l’episodio che più lo segnerà per le future scelte
politiche. Chiamato alle armi il 12 gennaio del 1943, fu riformato per problemi
di Salute. Nel luglio dello stesso anno, dopo la caduta del Fascismo, avendo
già preso contatti con il giovane Avvocato Ricardo
Cerulli, partecipò all’occupazione simbolica del Palazzo del Fascio (oggi
ex ufficio del Registro in Via Gramsci). Dopo pochi giorni, anche a Giulianova,
arrivarono i tedeschi. Anche la sua famiglia subì razzie e soprattutto gli
furono requisiti tutti gli animali adibiti al trasporto, tra cui un cavalla
bianca (Ida) e il suo calesse. Nonostante veniva fermato quotidianamente dalla
polizia tedesca, per il semplice fatto che non era al fronte, se la cava sempre
perché portava dietro di se il certificato di riforma. Finche, con
l’intensificarsi dei bombardamenti, fu prelevato insieme ad altri giovani del
posto e portato tra le file della Todt (servizio obbligatorio del lavoro) per
ricostruire i vari ponti e passaggi di fortuna per le armate tedesche in
ritirata verso nord. Finalmente, dopo alcune giorni di duro lavoro manuale,
scappò insieme ad altri e si diede alla macchia. Vagò per alcuni giorni nelle
campagne circostanti fino ad arrivare nel territorio di Campli. Quando ritornò
nel suo casolare, insieme al padre e gli altri fratelli più piccoli, scavarono
un rifugio antiaereo per nascondesi e soprattutto per non farsi vedere dal
vicino presidio tedesco dislocato nella Villa dei Trifoni. Anche lui, dopo
qualche discussione e soprattutto ammaliato dal carisma del giovane Avvocato
Riccardo Cerulli, si unì ai circa 80 uomini della banda denominata “la Giuliese
Garibaldi”. Alla fine del conflitto, ci fu grande festa anche a Giulianova con
un improvvisata sfilata per il corso principale. Alla guida di un carretto
trainato da un cavallo vi era Paolo Marracini e anche Carlo. Tra le loro file
c’erano anche: l’Avv. Riccardo Cerulli,
Attilio Battistelli, Alfredo Parere, Dino Macellaro, Renato Rossi, i fratelli
Pasquale e Giorgio Campeti, Giuseppe Martinelli, Donato Falà, Lenin Tancredi, Attilio
Piccinini, Paolo Marracini, Renato
Giuliucci, Enrico Ettorre, Tommaso Umile, Tommaso Mascaretti, ed altri antifascisti giuliesi.
Pochi giorni dopo, essendo stato
il primo rappresentante della Federterra (Federazione dei Lavoratori della
Terra), insieme a Sante Ferri del
P.C.I. (Partito Comunista Italiano), Pio
Macera della C.G.I.L. (Confederazione Generale Italiana Lavoratori),
occuparono di nuovo gli uffici della casa del Fascio. Solo il 15 settembre del
1951, dopo che furono tutti e tre condannati dallo Stato italiano, per
occupazione abusiva di una sede pubblica, dovettero spostarsi. Intanto molti
esponenti del PCI locale cercavano di convincere il compagno “Carluccio”,
questo il diminutivo che gli affibbiarono oltre al suo soprannome della sua
casata “Ciok”, ad aderire alla formazione politica di Gramsci. Anche se lui
simpatizzava per quest’ultima formazione politica, pare che avesse già la tessera
nel 1945, nacquero degli attriti con i compagni di Colleranesco per via della
sua famiglia che era già proprietaria di vasti appezzamenti di terra. Fu
l’amico e compagno Amedeo Grue a raccogliere e iscrivere il giovane De
Berardinis tra le file del P.S.I. (Partito Socialista Italiano), dove ritrovava
un altro fedele amico come Romolo
Trifoni. Noti anche i battibecchi con l’allora Parroco di Colleranesco, Padre Serafino Colangeli, per via della
contrapposizione tra i cattolici e la sinistra. Dal 17 al 21 ottobre del 1946
fu presente come delegato al 1° Congresso Nazionale della Federterra a Bologna.
Nel gennaio del 1947, per conto dell’Ispettorato Provinciale
dell’Agricoltura di Teramo,
istituì corsi d’aggiornamento per i giovani
e meno giovani agricoltori
della Val Tordino; nel aprile del
1956, sempre per conto dello stesso ente, fu inviato come
docente all’Ente Riforma del Fucino di Avezzano e poi Paganica.
Intanto, nel mondo agricolo, si
fanno pressanti i bisogni di quest’ultimi per rivendicare i diritti basilari
come: maggior reddito, maggiori servizi e una maggiore partecipazione alla vita
politica e sociale nel paese. La sua Federterra diventa Confederterra, nata
dalla riunificazione della Federbraccianti, Federmezzadri e Associazione dei
Coltivatori Diretti. Nel 1955 aderisce all’Alleanza dei Contadini e parteciperà
come delegato al 2° congresso di Roma nel marzo del 1965. Inseguito,
l’organizzazione, cambierà ancora denominazione in C.I.C. (Confederazione
Italiana Coltivatori) siamo nel 1977, fino all’attuale C.I.A. (Confederazione
Italiana Agricoltori) nata nel 1992.
Alla fine degli anni ’60 conosce e sposa
al Santuario di Maria Santissima dello Splendore (28 dicembre del 1967)
Margherita Toscani, nota sarta ed insegnante di cucito di Mosciano Sant’Angelo
che gli darà 4 figli: Gianfranco (scomparso precocemente), Cinzia, Walter e
Arino (quest’ultimo vive e lavora a Tokyo in Giappone). Gli anni ’70 saranno
per lui occasioni di grandi scelte. L’agricoltura conosce un periodo di grande trasformazione
e anche di una profonda crisi, tanto da farlo confluire nella C.G.I.L.,
diventando il primo Direttore del patronato INCA-CGIL di Giulianova, operante
nel comprensorio della Val Tordino. Tra le file della C.G.I.L. e quelle nel
P.S.I. giuliese si batterà per i diritti di tutti i lavoratori. Anche dopo la
pensione, continuò nell’ambito dell’attività dello SPI-CGIL (Sindacato
Pensionati Italiani). Alla fine del 1991, una grave malattia, gli impedirà di
usare entrambi gli arti inferiori, ma nonostante tutto volle partecipare alle
tante manifestazioni che si tenevano nella sua città: il 1 maggio (festa dei
lavoratori) e il 25 aprile (festa della liberazione). In una calda mattinata di
domenica 29 giugno del 2003, spirava nella sua casa a Giulianova Alta. Di lui
rimangono impresse le doti di caparbietà e voglia di servire il prossimo in
funzione dei lavoratori. Un sindacalismo alla vecchia maniera, sicuramente un
mondo che non c’è più e che molti rimpiangono.
*Il presente saggio è l’estratto
del libro che è in corso di preparazione sulla sua vita umana e professionale.
Si ringrazia per le
testimonianze: Padre Serafino Colangeli,
già Fondatore della Piccola Opera Charitas di Giulianova; il Senatore Antonio Franchi, già Dirigente e
Parlamentare del PCI; Pio Macera,
già Dirigente e Politico del PCI; Romolo
Trifoni, già Sindaco e Dirigente del PSI; Vittorio D’Andrea, già Dirigente della CIA di Teramo; la Sig.ra Concetta Aloisi, già Direttore
dell’INCA-CGIL di Giulianova e gli Eredi di Carlo De Berardinis.